Giovedì 26 marzo: solo riflessioni, niente consigli
Giovedì 26 marzo per me è cominciato con la spesa settimanale.
Sveglia presto, colazione, lista e buste pronte, schema mentale dei passaggi da fare da un reparto all’altro, un bel respiro e via con tanta pazienza.
L’ebrezza di vestirsi togliendosi di dosso la tuta da casa, che viene alternata solo dal pigiama per andare a dormire.
Arrivo, poche persone, bene perché il vento gelido sferza quel poco del volto che rimane scoperto.
E poi il dramma: “Signora, entri almeno sulla porta se le fa freddo”
Signora a chi? A me? Ma se mi sono messa anche il giubbotto delle giovani marmotte che fa tanto ragazzetta scalatrice alle prime armi. Potevo tirargli un nocchino e poi difendermi dicendo che era una misura necessaria per la mia sopravvivenza mentale.
Comunque passo oltre e mi fiondo al banco della gastronomia che è sempre un po’ un terno al lotto a seconda di chi capita a servirti, stamani non era il turno giusto, ma si sa un po’ bisogna patire.
Faccio tutto, esco con la consapevolezza di aver dimenticato qualcosa, inevitabile dramma appena metti il piede fuori e non puoi più rientrare. Intanto la coda si è fatta più lunga e mesta mesta me ne torno a casa.
E allora ho pensato che giovedì 26 marzo non è giorno di consigli.
Ma di qualche riflessione, perché gli spunti sono molti.
Perché Poste Italiane chiude gli sportelli degli uffici delle piccole frazioni e fa andare in sbattimento tutti i pensionati della zona che in tv vengono informati di poter andare a ritirare la pensione divisi per ordine alfabetico?
Se c’è una cosa che non doveva essere fatta era quella di far sentire sempre più soli e abbandonati i piccoli paesini. Il senso di smarrimento cresce e la depressione galoppa. Qualcuno si ribella e dà in escandescenza. Si lasciano da soli i più deboli, tanto per cambiare, non comprendendo che lo stato psicologico in questo momento è più che mai importante.
Ed è vero che potevano farsela accreditare sul conto corrente ma se hanno bisogno di liquidità per fare la spesa dove cavolo vanno a ritirare i soldi se l’unica banca che era presente è chiusa da alcuni mesi.
Devono prendere la macchina, se ce l’hanno e se guidano, e spostarsi. Oppure chiedere ai figli che preoccupati per la crescente ansia dei genitori si vedono costretti a compiere una commissione di cui potevano farne a meno.
Perché questa è la realtà dell’Italia, se vivi in città bene, altrimenti ti devi votare a qualche santo e arrangiarti.
Se c’è una cosa che dovremmo chiedere, quando finirà questa quarantena, tra le tante, ci sarà quella di ampliare i servizi, magari con formule differenti da quelle standard ma che siano davvero per tutti.
Buon giovedì 26 marzo, teniamo botta!
Leave a Reply